L’arrosto argentino

Mi hanno regalato due libri che in qualche modo mi rappresentano e che se posizionati sul globo terrestre si troverebbero agli antipodi. Quegli antipodi che albergano in me. Uno è ambientato nella magica Islanda, meta da sempre nella mia Wish List, e che sposa questa mia innata nostalgia per il nord e per il freddo.
L’altro mi riporta alla mia terra natia, l’Argentina, ed alla mia passione per la carne.
“L’arrosto argentino” è un libricino che si fa leggere in mezzora e prima di arrivare alla fine del libro, dove vengono riportate le ricette di cui si parla, Carlotto ci spiega come e perchè lo ha scritto.
Ed è leggendo che mi tornano in mente i sapori del chimichurri per l’asado che preparava il mio babbo oppure quello del matambre che preparava la mia mamma come antipasto, assieme alle empanadas.
Credo che oggi, mio fratello, potrebbe degnamente prendere le redini di asador.
Le foto vengono dall’album di famiglia, quelli che vedete nelle foto sono i miei genitori, in Argentina. Le emapanadas, sono quelle preparate da mia mamma. Alcune foto sono sfocate perchè così sono risultate dopo averle stampate.

“Gli amici e i familiari restano poco lontani, ridono e scherzano, bevono e mangiano gli antipasti, magari empanadas, ma nessuno di loro si avvicina all’asador, l’arrostitore, detto anche El gran solitario per le lunghe incombenze della parrilla che assolve in totale solitudine”.
Diventare asador è una vocazione a cui ci si dedica con rigore e dedizione, seguendo le orme di uno o più maestri, nella consapevolezza di essere lo strumento di un magnifico pretesto per compiere il rito della conversada amistad, come la definiva Borges.
Compartiendo cibo e vino. Vino e liquori. E mate”

“Mi portò in centro a fare acquisti. Tre spiedi corti per i piccoli tagli (“el criollo n lo hace”), un cinturone con diversi foderi per contenere coltelli di varie fogge, un forchettone, un trinciapollo un gancio. […] La parte più interessante fu imparare a preparare le “salse” che spesso anticipano la cottura. Ortolan iniziò con il chimichurri (…) Olio, limone, aglio, prezzemolo, sale, pepe e peperoncino”

“Quando entri nella dimensione di El gran solitario sei come un monaco che lavora nell’orto del convento, capisci? La tua mente è libera ed è più vicina al Signore”

(L’arrosto argentino – Massimo Carlotto)

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24 risposte a "L’arrosto argentino"

  1. Io ho una passione viscerale per l’asado. Prima riuscivo a trovarlo, in Liguria, fatto bene (o almeno, a me piaceva un frego e mezzo).
    Adesso non più, accidenti… dicono che non vale la pena.
    Ma perdindirindina però eh!

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